pubblicata da Emanuela Bonaga
il giorno venerdì 5 novembre
2010 alle ore 14.07
miei cari FBfriends,
era una notte buia e tempestosa del settembre 2009, la Fama, Dea alata intrusiva e diffusiva, già aveva preso ad avvolgere sotto le sue grandi ali occhiute i mortali italioti con le notizie delle gesta erotiche del Divino Silvio quando una una immagine mistica proveniente dalla notte dei miei infiniti secoli si compose davanti ai miei occhi
Horribile visu
Mi è apparsa di nuovo nell'alba di questo giorno, a distanza di 14 mesi dalla prima epifania
A ben guardarla più che una immagine propiziatoria (come confusamente la vaticinai in quella notte) oggi mi appare la raffigurazione tremenda della Nemesi , figlia di Zeus e della Notte, dea tra le più temibili dell'Olimpo
Ve la offro di nuovo, e qualcuno la ricorderà rileggendola. Ma oggi la vedrete in nuova luce, cogliendo, come me, la opportunità di una giornata dalla luminosità quasi assoluta.
L'ideale, direi, per vedere bene, nel dettaglio, l'itifallo bronzeo di Silvio
Eccolo qua ed eccoci qua ignoranti noi e saggio sapiente, pater amabilis, colto, luiCome lui solo sa e come lui solo si offre. Bisogna dirlo. Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare e a Silvio quel che è di Silvio
Ebbene si, ignoranti noi che non sappiamo apprezzare la portata culturale dell'esibizione pubblica di una potente erezione maschile, la forza insita nella espressione più atavica ed archetipica di una immagine dalla forte valenza apotropaica, il simbolo fallico, dispensatore di fortuna e prosperità
Si ignoranti noi che ci ostiniamo a non vole riconoscere il messaggio profondo affidato alle parole di Ghedini «perché mai Berlusconi non dovrebbe poter spiegare a venti milioni di italiani, suoi affezionati elettori, che è perfettamente funzionante?» .( Ghedini , 4 settembre 2009,corriere della sera)
LUI che ha conservato intero e forte questo legame con le origini della nostra cultura, è preoccupatissimo che il popolo italiano, che lo ha designato come pater familias del nostro paese, possa pensare che la sua sagace e paterna figura - che a tutto pensa e che di tutto si preoccupa per noi - possa essere stata privata della sua capacità propiziatoria massima, quella capacità che egli si applica a tenere sempre attiva per tutti noi
CHIEDIAMOGLI DI FARSELO IMMORTALARE IN BRONZO nell'attimo della massima potenza E DI RIPRODURLO PER NOI NELLA FORMA PREZIOSISSIMA E ANTICA DI UN TINTINNABULUM CHE RECHI L'EFFIGE DEL SUO VOLTO nel momento simbolico della bandanatio capitis
A Natale ne potrà far dono inviandone uno in ciascuna casa degli italiani i quali, lo appenderanno sopra le porte dei propri appartamenti e delle proprie villette padane e durante le feste Falloforie - che potranno essere riproposte con decretatio di urgenza- ripeteranno il rito antichissimo portandolo in processione tra canti e danze
Grazie a lui, trarranno fuori da secoli di oblio una tradizione antica e sentitissima.
Grazie Silvio, hai ragione a ricordarcelo con le tue gesta: l'Italia affonda le sue radici nella cultura grecoromana
Menomale che Silvio c'è
(immagine del reperto archeologico e testo esplicativo provengono dal sito web del Museo Archeologico Nazionale di Napoli)
Il tintinnabulum, munito di quattro campanelli legati ad altrettante catenine, rappresenta un gladiatore, con copricapo a fasce, corta tunica e sandali, con un pugnale in una mano ed una manica nell'altra. Il personaggio, con le braccia levate ed in atto di avanzare, combatte contro il suo stesso fallo trasformatosi in una pantera dalla bocca spalancata, in procinto di avventarsi contro di lui. I tintinnabula itifallici erano oggetti dalla forte valenza apotropaica, data dall'unione del simbolo fallico, dispensatore di fortuna e prosperità, con l'elemento sonoro, da sempre atto ad allontanare il maligno. Utilizzati talvolta durante i sontuosi banchetti per chiamare le portate, più di frequente erano sospesi alle porte delle abitazioni private e, soprattutto, degli esercizi pubblici, in modo da risuonare al passaggio dei visitatori e per tenere lontano il malocchio, in qualche modo alla stregua del Priapo conservato in situ sullo stipite destro della porta che dà sull'atrium (c) della Casa dei Vetti (VI, 15, 1) di Pompei.